Da Cala Scizzo al Motel Agip: viaggio tra le calette sabbiose e "archeologiche" di Torre a Mare
Letto: 35439 volte
lunedì 17 maggio 2021
Letto: 35439 volte
di Marco Montrone - foto Antonio Caradonna
Si tratta di arenili creatisi tra due capi rocciosi. Il mare con le sue onde agisce sulla roccia di composizione carbonatica (e quindi malleabili) erodendoli e riversando il materiale sulla baia. A questo fenomeno si aggiunge quello dell’accumulo di materiale organico trasportato dalla corrente a riva, come conchiglie e gusci di animali frantumati.
Nel quartiere di Bari più a sud sono presenti una decina di calette sabbiose, tra l’altro quasi tutte contraddistinte dalla presenza di grotte abitate sin dal Neolitico.
Tra il VI e il III millennio a.C. sul territorio dove ora sorge Torre a Mare, prosperò infatti una civiltà organizzata in villaggi di capanne a ridosso del mare. Parliamo della “culla” dei primi baresi, quelli che gli studiosi hanno definito tra i più precoci agricoltori del Mediterraneo occidentale.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Negli anni numerosi ricercatori e specialisti hanno studiato le aree archeologiche dislocate lungo questa costa. Dai siti sono stati recuperati anche antichi reperti, tra cui lame in selce per falciare, pestelli per triturare i cereali, macine in pietra, ma anche vasi, preziose statuette, scheletri di animali domestici e umani e corredi funerari.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Ma nonostante l’importanza della scoperta, oggi quella che giustamente è un’area protetta da vincolo archeologico, appare completamente in balìa del degrado. All’erosione causata da mare e vento, nel tempo è andata ad aggiungersi l’aggressività edilizia che ha tolto spazio al “parco archeologico”, oltre al disinteresse di cittadini e istituzioni che hanno permesso l’invasione dei rifiuti in grotte e ipogei.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Partiamo da Cala Scizze (o Scizzo). Situata tra l’ex lido della Polizia e il residence Parco Atlantide, segna il confine tra San Giorgio e Torre a Mare. Si raggiunge facilmente dalla fine del lungomare di San Giorgio (strada detta della Marina) percorrendo un breve viottolo sterrato circondato da alte piante di aglio selvatico. È caratterizzata da un grazioso bagnasciuga troppo spesso però invaso dalle alghe e soggetto agli “umori” dello scarico di troppo pieno presente nelle vicinanze.
Qui si apre la Grotta di Cala Scizzo, una cavità che fu scavata tra il 3100 e il 2400 a.C. All'interno fu ritrovata una struttura ellittica in pietra e nelle sue immediate vicinanze fu rinvenuta una statuetta in argilla che pare raffiguri la Dea Madre, a testimonianza dell'utilizzo dell’anfratto come luogo di culto.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Da strada Scizze (proseguimento di strada detta della Marina) giriamo ora a sinistra su viale Grotta della Regina. Dopo duecento metri si delinea un altro sentiero che passa attraverso un campo, andando a finire ai piedi di un’altra spiaggetta protetta dal vento.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
È inserita infatti in una profonda insenatura delimitata dal lato terra da un’alta parete di rocciosa. Siamo accanto al tratto di costa di Punta della Penna, soprannominata così per la conformazione di un lembo di scogliera che somiglia alla penna di un volatile. In realtà la zona è chiamata da tutti “bunker” per via della piccola struttura militare di fortificazione presente, dipinta di azzurro.
L’importanza di Punta della Penna è data dal fatto che fu sede di una civiltà preistorica e in seguito di una classica. Siamo davanti a un’antichissima necropoli adagiata sul mare. Qui infatti sono state rinvenute diverse tombe e in particolare un sepolcro con frammenti di ossa umane e un ricco corredo di ceramiche, lance e armi presumibilmente appartenuti a un guerriero.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Risalenti al periodo classico sono invece le olle e coppe da vino ioniche chiamate "kylikes", databili intorno a 2500 anni fa e pezzi di ceramica a vernice nera diffusa tra il VI e il I secolo a.C. Tra questi scogli si nota anche la presenza di tante “piscine”: si tratta di cave per l'estrazione di pietra utilizzate sin dal Neolitico.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Il predetto viale Grotta della Regina conduce dopo meno di un chilometro alla piazzetta di Torre a Mare. Superato il porticciolo si delinea il lungomare di levante del quartiere, ovvero via Trulli. La litoranea prosegue costeggiando il lido privato “Azzurro” inaugurato alla fine degli anni 50, per giungere ai piedi di un colorato bar-chioschetto.
Da qui in poi si allunga un lungo pezzo di riva che, per quanto caratterizzato da insenature e spiaggette, risulta sottoposto a una lenta e inesorabile erosione che ha portato al crollo di un’importante porzione di costa. Proseguendo su via Trulli arriviamo al punto più critico di tutta la zona, dove la strada risulta addirittura sbarrata da vistose e arrugginite barriere in ferro.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Da oltre dieci anni infatti gli ultimi 200 metri del lungomare sono stati chiusi al traffico, dato che proprio in questo tratto l’alta scogliera si è andata sbriciolando a vista d’occhio, portando con sé nel mare parte del guardrail e pezzi di marciapiede e causando vistose spaccature sull’asfalto.
La strada, nonostante il divieto di circolazione, continua però a essere molto frequentata, visto che rappresenta l’unica via di accesso alle altre pocket beach di Torre a Mare. Queste ultime sono situate su un litorale lungo un chilometro raggiungibile però solo circumnavigando a piedi complessi di villette private. Perché qui, come a Fesca, negli anni 70 e 80 è stato dato il permesso di costruire a due passi dal mare senza prevedere passaggi tra i fabbricati.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
La prima, situata qualche metro prima dello sbarramento, è Cala Colombo. Nelle sue grotte sono stati rinvenuti i sepolcreti di alcune tribù primitive risalenti al IV millennio a.C..Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
Segue Cala Settanni, sulla quale vigila un piccolo bunker e subito dopo Cala Sant’Andrea (detta anche “dei Matarrese” per la vicinanza della villa dell’omonima famiglia di costruttori).
Da quest’ultima insenatura si prosegue sempre a piedi ma utilizzando un viottolo non asfaltato. Si giunge così nella zona chiamata delle “due colonne” per l'esistenza dei resti di un’antico edificio in tufo che sembra fare da guardia al mare. Qui si trovano altre tre graziose spiaggette appartate e incorniciate dagli scogli.
Attraverso una viuzza che entra prima in campagna e dopo insinuandosi tra alcune villette, si arriva poi davanti all’ingresso del Lido dell’Aeronautica (raggiungibile anche più comodamente dalla complanare della statale 16). Destinato ai militari, fu fondato alla fine degli anni 20 come luogo per le esercitazioni, per diventare struttura balneare negli anni 70.
Accanto si allunga un piccolo pezzo di costa libera che rappresenta forse il luogo di mare più attraente di tutta Bari. Una sorta di “golfo” in cui l’acqua molto bassa permette la creazione di arenili sabbiosi dove è possibile accomodarsi stando praticamente nel mare. Mare che, a seconda del vento, crea splendidi riflessi che vanno dal verde acqua al verde smeraldo. Sull’insenatura tra l’altro si affaccia l’ultima spiaggia privata cittadina, ovvero il Lido del Carabiniere, riservato all’Arma.
Superato il quale ci si imbatte infine su quel tratto di costa che alterna scogli e piccole calette denominato “Motel Agip” (per via della presenza nelle vicinanze di un albergo che anni fa si chiamava così). Un litorale che sfocia nel territorio di Mola e che viene preso letteralmente d’assalto durante l’estate da famiglie e comitive armate di tende, fornacelle, sdraio e ombrelloni.
E anche qui si trova un’area archeologica: è Scamuso, considerato uno dei più importanti siti stratificati neolitici dell'intero Mediterraneo occidentale.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)
(Vedi galleria fotografica)
© RIPRODUZIONE RISERVATA Barinedita
I commenti
- Vincenzo Lorusso - Complimenti anche per questo reportage corredato da belle foto. Particolarmente azzeccate le didascalie poste in calce alle stesse foto a corredo delle stesse.
- Annamaria - Grazie, storia che non conoscevo!!!
- Anthony Green - ottimo servizio, molto ben studiato, che permetterebbe alle persone di andare alla scoperta di nuove sfaccettature del territorio, ma se posso suggerire di aggiungere una mappa e soprattutto rivedere l'ordine delle foto per riflettere la linearità del percorso